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Caso Cocuzza/Sigonella: Chiesto l'intervento del prefetto di Catania, Maria Guia Federico

Sembra non conoscere un punto d'arrivo la guerra giudiziaria tra gli Stati uniti d'America e l'ex vetrinista, impiegato nella base militare di Sigonella, Carmelo Cocuzza. L'uomo era stato licenziato nel 2000 perché, secondo gli statunitensi, aveva falsificato le timbrature d'ingresso. Accuse cadute dopo tre gradi di giudizio che, nel 2014, hanno dimostrato la totale innocenza del lavoratore catanese, hanno imposto il reintegro nel posto di lavoro, il pagamento degli stipendi dovuti e quello delle spese processuali a carico degli USA. Sentenze non rispettate dall'amministrazione a stelle e strisce che, nonostante le condanne, ha denunciato Cocuzza ponendolo al centro di tre nuovi procedimenti giudiziari. In uno di questi, scaturito a seguito del pignoramento di un negozio nella base. Con un'ordinanza dello scorso 16 agosto, il tribunale di Catania ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dall'avvocato Donna Chapin - che chiedeva la sospensione della misura - imponendo anche il pagamento delle spese, che ammontano complessivamente a circa tremila euro


«Gli Stati Uniti ignorano completamente le sentenze che impongono il reintegro, per questo ci hanno costretto a procedere con il pignoramento - spiega a MottaToday Carmelo Cocuzza - Che però abbiamo sospeso per ben tre volte a marzo perché si sperava in un accordo». 
Un intento, spiega l'ex vetrinista, andato in fumo a causa di serie proposte mai ricevute e di nuove citazioni in giudizio inviate direttamente dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, attraverso il suo ufficio per il contenzioso europeo. «Abbiamo bloccato tutto perché a giugno mi hanno notificato alcuni procedimenti nei quali si chiedeva al giudice di annullare il pignoramento e di inibirmi per futuri pignoramenti». 


Ed è così, secondo le parole del dipendente, che il giudice avrebbe provato a procedere con una conciliazione senza però ricevere la quantificazione di una cifra da parte del legale difensore della base militare. «Gli Stati Uniti non hanno mai parlato di una cifra, per questo il tentativo di conciliare gli interessi è fallito».

Mi chiedo ancora - osserva Cocuzza, 50 anni – dopo 16 anni che ‘combatto’ questa battaglia legale, cosa devo ancora fare perché un mio diritto venga riconosciuto, mentre questi continuano a ‘perseguitarmi’ nonostante sono stati condannati più e più volte”.

Per questo Cocuzza ha chiesto con lettera del 22 agosto al prefetto di Catania, Maria Guia Federico, “Un intervento urgente con i ministri della Giustizia e degli Esteri: esistono trattati internazionali e bilaterali con gli USA che -sottolinea Cocuzza - impongono l’obbligo del rispetto delle nostre leggi e della nostra giurisdizione”.

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